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Pizza, un patrimonio dell’umanità

Postato il 13 Maggio 2015 da Elide Messineo
Era il 1889 quando Raffaele Esposito e Rosa Brandi decisero di omaggiare la Regina Margherita con uno dei piatti più diffusi e amati in tutto il mondo. Da allora la pizza Margherita si è diffusa ovunque ma rimane la versione base della pietanza, che ha subito centinaia di variazioni e ha avuto un impatto culturale non da poco.
Un impasto simile a quello della pizza si ritrova addirittura ai tempi dell’antico Egitto e nell’antica Roma, ma la versione che conosciamo oggi ha chiaramente origini più recenti. Per gli italiani la pizza è una sorta di marchio di fabbrica, la conoscono in tutto il mondo ed in particolare gli americani ne vanno ghiotti.

Oltre ad esistere impasti simili a quello della pizza, che però hanno preparazioni, forme e nomi diversi a seconda del territorio d’origine, esistono anche discussioni sul come mangiarla, tagliarla e condirla. Nella versione tradizionale napoletana i grassi sono ridotti al minimo così come anche i condimenti, se ci spostiamo dall’altra parte dell’oceano esiste la celeberrima Pepperoni, con salamino piccante e formaggio, ma anche molte altre varianti che farebbero storcere il naso a qualsiasi italiano, come la pizza con l’ananas e prosciutto, l’Hawaiiana.

In giro per l’Italia troviamo calzoni, panzerotti, di recente sono stati inventati anche i trapizzini, c’è la pizza romana, la palermitana, la genovese, l’hot dog pizza o quella di tapioca, l’importante è avere fantasia e voglia di mettersi a tavola. Un vero e proprio patrimonio culinario dell’umanità, un prodotto realizzato con ingredienti semplici che ha trovato diffusione da una parte all’altra del mondo. Non esiste persona che non ami la pizza, non esiste italiano che vada all’estero senza essere associato ad essa e messo alla prova per testarne la buona qualità.

Gli americani la adorano, New York è la città con più pizzerie al mondo, seguita da San Paolo. Il tutto è frutto di una forte presenza di immigrati italiani, che hanno esportato ingredienti e tradizioni culinarie, pur cercando di mantenersi fedeli alle loro radici. Nei film vediamo sempre qualcuno mangiarne uno spicchio o richiedere la consegna a domicilio, assaporano le fette unte e iper-condite. Come molti altri cibi italiani, la pizza all’estero non ha mantenuto la sua versione originale, quella USA è molto più morbida, zuccherata e ricca di grassi, ma soprattutto carica di ingredienti di ogni tipo.
La pizza è anche un tema da Guinness dei primati, ogni anno i pizzaioli si sfidano in gare di velocità, c’è chi invece si impegna a battere il record per la pizza più grande del mondo, per il momento detenuto a Johannesburg e risalente al 1990: 500 chili di farina, 800 di formaggio, 900 di salsa di pomodoro per un diametro di ben 37 metri.

E se è vero che la pizza è realizzata quasi sempre con ingredienti semplici o comunque poco costosi, non mancano le versioni di lusso. Come tutto ciò che piace esiste una versione costosa, pensate che esiste la Pizza Louis XII (a base di caviale) che vale 8300 € e la Royale 007 (anche qui troviamo caviale, champagne e aragosta) che ne vale 3000. Se poi siete dei veri e propri appassionati e una sera non riuscite a resistere alla tentazione di farvela consegnare a casa e inoltre non badate a spese, potreste seguire l’esempio di Laszlo Hanyecz, il programmatore nel 2009 per due pizze a domicilio ordinate online ha speso diecimila bitcoin, l’equivalente attuale di tre milioni di euro.

Lo scorso marzo la Commissione Italia UNESCO ha dato il via libera all’iscrizione della pizza napoletana come patrimonio culturale immateriale dell’umanità ed è chiaro che ogni italiano andrebbe fiero di un risultato positivo; la decisione verrà presa da una commissione di 163 Stati entro il 15 novembre 2016. Ma, sorpresa sorpresa, non sono gli italiani i principali consumatori di pizza. Ci battono gli americani, ne consumano praticamente il doppio a persona ma con tutta probabilità durante una vacanza in Italia potrebbero rendersi conto di non averne mai mangiata una autentica.

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