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Non è estate senza ananas

Postato il 20 Giugno 2017 da Elide Messineo
Non è estate senza ananas

Ci sono alcuni elementi fondamentali, che devono essere ricorrenti, per farci sentire che l’estate è davvero arrivata. Oltre ai fenicotteri, che ormai hanno invaso il mondo in ogni rappresentazione possibile, c’è anche l’ananas.

La natura offre sempre molti spunti ai designer e tra i soggetti più adatti e amati c’è proprio questo frutto esotico, dalla forma particolare, la piña, quella colada  che sta benissimo insieme al rum chiaro e al latte di cocco nei cocktail. Il frutto esotico fa venire subito in mente il mare e l’estate. Dolce e rinfrescante, sta bene nel gelato, in versione succo di frutta, col maraschino, nello yogurt e oltre a stare bene per il suo sapore e il suo formato, offre diversi benefici. Poco calorico, acquoso, con vitamina C, potassio e magnesio, l’ananas è prezioso per la presenza di bromelina, un enzima che viene usato per diversi scopi: per stimolare il metabolismo, come antinfiammatorio, antiossidante, drenante, fino all’utilizzo industriale, per esempio per la chiarificazione della birra.

Senza Cristoforo Colombo (forse) non sapremmo cos’è un ananas, infatti il frutto fu portato in Europa dagli spagnoli e gli inglesi dopo i loro viaggi nel Nuovo Mondo. All’epoca veniva già usato a scopo medicinale, ogni sua parte – radici incluse – era considerata utile e aveva una funzione molto importante, grazie alla presenza della vitamina C preveniva lo scorbuto, che colpiva sempre i marinai nei loro lunghi viaggi in nave. Al suo arrivo in Europa era uno dei prodotti più costosi in circolazione e, vista la sua forma particolare, spesso era usato a scopo ornamentale, in particolare come centrotavola. Spesso ritorna come elemento architettonico, perché in epoca coloniale veniva usato per definire uno status sociale. Una valenza sociale dell’ananas è rimasta tutt’oggi, anche se il suo prezzo di mercato si è notevolmente abbassato ed è un frutto accessibile a tutti: in molti posti, dalle Hawaii all’India, è considerato un simbolo di benvenuto e di ospitalità. Il motivo risale appunto all’epoca in cui l’ananas fu scoperto dagli europei, nel Nuovo Mondo i capitani che tornavano dalle loro lunghe spedizioni erano soliti infilzare un ananas e lasciare il frutto sull’inferriata all’ingresso della loro abitazione, così da mettere a conoscenza gli altri del loro ritorno e potersi ritrovare per festeggiare. Questa usanza ha portato l’ananas a diventare un elemento architettonico ricorrente nelle case coloniali, si trova su porte d’ingresso e cancelli, scolpito o rappresentato in vari materiali.

Il nome di questo frutto deriva da “nanà“, ovvero il modo in cui lo chiamavano i Nativi americani in lingua guaranì, il termine vuol dire “profumo”. “Ananas” invece è arrivato in Europa dal portoghese “ananaz” (che si pronuncia così come noi lo diciamo e scriviamo oggi). Il frutto è arrivato alle Hawaii intorno al 1500, in Asia pare sia arrivato tramite gli spagnoli che andavano nelle Filippine, quando si muovevano i primordiali passi di quella che poi sarebbe diventata la globalizzazione. Cristoforo Colombo la scoprì nel suo secondo viaggio, nel 1493, quando trovo questa “pigna degli indù” a Guadalupa, isola che scoprì proprio durante quel viaggio.

Come dicevamo all’inizio, l’ananas ha assunto nel tempo un valore artistico, per i suoi colori e la forma è stata spesso una fonte d’ispirazione. Compare in un mosaico del Palazzo Massimo alle Terme di Roma e questo desta molta curiosità, perché l’ananas sarebbe stata scoperta da Colombo ma appare già nell’antica Roma. Il mosaico rimane avvolto nel mistero, perché è possibile che i romani l’abbiano scoperta in Africa o che si tratti del disegno di una pigna alla quale sono stati aggiunti dei ciuffi di foglie per migliorare l’estetica del mosaico, ma è più probabile la prima ipotesi. Anche nella casa dell’Efebo di Pompei – sempre di epoca romana – si trova la statuetta di un bambino che tiene un ananas in mano. Gli aztechi la definivano “colei che è bella anche quando fuori piove“, il filologo italiano Lucio Russo nel libro “L’America dimenticata. I rapporti tra le civiltà e un errore di Tolomeo” rimette in discussione tutta la storia che ruota attorno alla scoperta di Cristoforo Colombo, perché molti indizi indicano che i romani fossero già riusciti a raggiungere il cosiddetto “Nuovo mondo”, tuttavia non ci sono delle prove definitive a riguardo.

Il valore artistico si è rivelato anche nella sua forma più ironica non molto tempo fa, quando dei ragazzi alla Robert Gordon University hanno lasciato un ananas in “esposizione” su un tavolo vuoto in una mostra. Dopo qualche giorno, per loro stessa sorpresa, l’hanno ritrovata esposta in una teca, come se fosse davvero un’opera d’arte. Della cosa ne ha parlato perfino il New York Times. L’importanza che l’ananas aveva assunto nella società inglese è ben chiara nel dipinto di Hendrick Danckerts del 1675 circa, in cui si vede John Rose, il giardiniere di Carlo II, che gli porge la prima ananas cresciuta in Inghilterra, un vero e proprio evento da immortalare. Inizia a comparire, inoltre, in numerosi dipinti di botanica di Johann Christoph Volkamer a inizio ‘700. Nell’America del 1700-800 le principali decorazioni erano a forma di ananas, ci fu un vero e proprio boom in epoca coloniale, vassoi e servizi da té erano decorati con questo frutto esotico dal forte impatto estetico, lo stesso che compariva nel 1661 sullo stemma della colonia di Jamaica. Quello che oggi è il frutto in scatola più venduto al mondo, alle Hawaii è un simbolo di successo, che viene offerto ai giovani più promettenti come augurio per il loro radioso futuro. Ci sono diversi libri che parlano dell’ananas analizzando le sue origini e la sua funzione simbolica, probabilmente nata come conseguenza del suo utilizzo a scopo ornamentale. A Charleston, nel Sud Carolina, a Waterfront Park c’è un enorme fontana a forma di ananas che simboleggia la cosiddetta “southern hospitality”, la sua influenza è quindi rimasta e anche se oggi a livello simbolico ha più un significato materialistico che di benvenuto, l’impatto estetico rimane invariato e si può conferire a questo frutto un ulteriore significato. Può essere considerato il simbolo degli albori di una globalizzazione che ci ha permesso di scoprire sapori nuovi, di arricchirci culturalmente e condividere, contaminare, prima ancora che tutto diventasse puramente commerciale. Pensando a “colei che è bella anche quando fuori piove”, ci piace comunque mantenere una visione romantica di questa lunghissima storia.

Foto di Federica Di Giovanni