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Beppino Occelli, il poeta della “buonezza”

Postato il 19 Aprile 2019 da Elide Messineo
Mercato Centrale Torino | Beppino Occelli - La bottega del burro e dei formaggi - Beppino Occelli
Beppino Occelli parla con entusiasmo dell’arrivo della bottega “Il burro e i formaggi – dalle Langhe agli Alpeggi” al Mercato Centrale Torino.

Mostra fiero i formaggi esposti, “alcuni di loro hanno più di vent’anni”, viene l’acquolina in bocca solo a guardarli. Non manca la grande star del suo lavoro, il burro, che ha ottenuto riconoscimenti a livello internazionale. “Tra le caratteristiche che cerco c’è la spalmabilità” spiega Beppino Occelli, “e poi c’è la lucentezza. Quando si taglia, il burro non deve essere opaco e triste, deve sembrare che abbia dei diamantini dentro”. L’apertura del Mercato Centrale Torino a Porta Palazzo è stato un momento di festa che lascia ben sperare per il futuro: “Molta gente di Torino si è mossa per venire qui e questo è importante. Ha dato un bel segnale il fatto che abbiano scelto di condividere questa festa, c’era un ghiaccio da rompere”.

Passiamo, anche in questo caso, ai bigliettini e alle suggestioni per libera associazione, Beppino Occelli preferisce viaggiare in treno o in aereo? Non ha dubbi: vince il treno. “Ho più tempo per pensare, c’è meno frenesia. Leggo ma non uso mai il telefono o il computer, non voglio esprimermi con i metodi e i programmi che mi impone la tecnologia. Se così fosse, avrei finito di pensare. Nella mia azienda io sono il “pensante”, faccio il poeta: individuo tutte le necessità e le interpretazioni possibili”. Beppino Occelli individua gli ingredienti e delle storie perfette, assaggia e racconta, a parole e con i fatti. “Il pensare è determinante ma è indispensabile la curiosità. A quella abbino il pensiero, deve esserci qualcosa che mi incuriosisce, che mi fa scattare le molle”. Artigiano visionario, Beppino ha sempre investito nella ricerca per garantire una qualità altissima dei prodotti e nel mondo dei formaggi per lui non ci sono più segreti. Ogni abbinamento e gli strumenti sono appositamente studiati per mantenere l’eccellenza.

Un viaggio di gusto

Ogni formaggio ha la capacità di adattarsi all’ambiente in cui si trova e, ripensando all’ultimo viaggio fatto con la moglie, Occelli racconta: “Siamo andati a Napoli, una città caotica, che si contrappone totalmente a quello che sono. L’ho vissuta benissimo, proprio per questo motivo. Faccio lo stesso con i miei formaggi: li espongo in quello che io chiamo il caos, tutti insieme. Sviluppano una grande capacità di autodifesa, in questo modo la muffa di uno non contamina gli altri e nemmeno i profumi. È nel loro DNA: in base ai fermenti lattici, all’acidità e l’umidità che si crea, ogni formaggio si sceglie le sue muffe e riesce a convivere in sintonia con gli altri. Io a Napoli mi sono ritrovato proprio così: nel caos, con il mio DNA, ma mi sono trovato benissimo. Lì, poi, ho tanti amici e spesso alcuni di loro mi danno preziosi consigli per il mio lavoro. Credo che il mondo vada vissuto in questo modo, con tappe creative, belle e sincere, che possano arricchirti”.

Viaggiando si scoprono il territorio e i suoi marcatori che, nella produzione di formaggi, sono essenziali, sono i “difensori del territorio, bisogna individuarli e raccontarli”. Il tipo di erba, il pascolo, i lieviti, le muffe, le croste, i gusci di noce: tutti questi elementi contribuiscono a dare personalità ad un prodotto, raccontando anche il luogo in cui è nato. Da Napoli passiamo ad un altro bigliettino, c’è scritto “Firenze”. La culla del Rinascimento, che per Beppino Occelli è anche quella dell’artigianalità. La città in cui nel 2014 è nato il Mercato Centrale ha ricordato all’artigiano di una fiera alla quale ha partecipato ormai trent’anni fa. “Ricordo che è stata magnifica, perché non era caotica. Il cliente arrivava e avevi il tempo di confrontarti, parlare e spiegare il prodotto. Lì l’anima dell’artigiano era coltivata, avevi la voglia e la possibilità di raccontare la fatica che c’è dietro ad ogni prodotto e questo veniva apprezzato. Oggi è diverso e spesso non ci si accorge che vendere e presentare un prodotto è solo l’ultimo anello di una catena molto lunga”. Nella lunga catena di produzione del burro e dei formaggi di Beppino Occelli ci sono tantissime storie da raccontare – quelle dei malgari, dei pascoli, delle erbe aromatiche, con aneddoti molto interessanti – anni di ricerca e continua sperimentazione. I formaggi si evolvono e cambiano col tempo, assorbendo gli elementi dell’ambiente che li circonda, incluso il legno che si utilizza per le barrique, proprio come si fa per il vino. Girando per le Langhe, Beppino ha incontrato moltissime persone che hanno contribuito alla creazione di formaggi unici. Tra questi c’è senza dubbio il “cusiè”, che non ha una ricetta vera e propria. “Angela, una signora a cui portavo il latte, si era portata da casa degli stampini per fare la tuma ma le avanzava sempre del latte, che metteva da parte in un altro bidone. Alla fine della settimana, quando il latte era già inacidito e quasi cagliava per conto suo, lo ha messo sulla stufa e ha fatto un tomone. Dopo averlo messo sull’asse sapeva di aglio e tartufo e le ho chiesto come mai. In 10 giorni aveva preso l’odore e il sapore di tutto ciò che aveva intorno. Quando ho chiesto la ricetta, Angela mi ha risposto “gli metto quello che c’è” e allora ho deciso di chiamarlo cusiè. Tutte queste persone mi hanno insegnato moltissimo, sarò sempre riconoscente, mi porto dietro delle storie bellissime”. Beppino Occelli ne avrebbe veramente tante da raccontare e alcune si possono scorgere e gustare, chiudendo gli occhi, mentre si assaggia uno dei suoi preziosi formaggi.

Foto di Federica Di Giovanni