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50 sfumature di cibo

Postato il 4 Dicembre 2014 da Elide Messineo
Abbiamo scoperto il cibo per puro istinto di sopravvivenza e ce lo siamo portato dietro nel corso di secoli di evoluzione, compiendo grandi scoperte in ogni campo e quello culinario non è immune. La cucina in tutto questo tempo ha subito cambiamenti e miglioramenti, il cibo è diventato parte integrante della nostra vita, costituisce una buona fetta della nostra storia. È diventato la base di studi scientifici, di opere d’arte, canzoni e anche dissertazioni filosofiche. Tra i primi a parlarne c’è stato Platone, tra i più famosi Ludwig Feuerbach.

“Siamo ciò che mangiamo” non è solo un motto, ma nel corso del tempo questa affermazione ha avuto anche un valore scientifico, perché il cibo influenza la nostra vita su più livelli e questo è indubbio. Il filosofo credeva che “siamo perché mangiamo” ma è anche vero che tutto quello che ingeriamo cambia qualcosa nel nostro organismo, il nostro corpo ha reazioni diverse in base a quello che abbiamo da offrirgli.

Oggi il cibo è presente in ogni ambito della nostra vita, siamo bombardati da programmi televisivi, libri, esperti di cucina, e sappiamo molto bene che le nostre abitudini sono notevolmente cambiate. Nell’era del benessere ogni pietanza è a portata di mano e in grandi quantità ma sappiamo anche che per raggiungere questi risultati (ottenere il massimo con il minimo sforzo) ci ha portati a dare meno valore alle risorse che la natura ci offre e ci sono state conseguenze ambientali non da poco. Proprio in queste settimane si parla del fatto che i cambiamenti climatici modificheranno anche la nostra alimentazione e alcuni prodotti tra qualche anno rischiano di non esistere più. Nel 2030, per esempio, non ci sarà più il cioccolato: ne è stato prodotto molto meno rispetto a quello consumato, una barretta di cioccolato un giorno potrebbe essere solo un lontano e dolce ricordo. La colpa è proprio dei cambiamenti climatici che hanno danneggiato le coltivazioni (o la nostra ingordigia?). Un pastafariano convinto vi direbbe che tutto questo, in realtà, è una conseguenza diretta della scomparsa dei pirati. E se entro il 2030 dovesse finire anche il rum?

FoodCulture_FedericaDiGiovanni