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Cosa mangiano gli unicorni?

Postato il 27 Agosto 2018 da Elide Messineo
Cosa mangiano gli unicorni?
Gli unicorni hanno avuto la meglio. Non esistono (ma siete liberi di crederci) e hanno conquistato il mondo. Gli unicorni, queste deliziose creature mitologiche, hanno invaso ogni campo, incluso quello del cibo. Un po’ è colpa degli hipster, un po’ di Instagram, ma capita sempre più spesso di imbattersi in prodotti arcobaleno che, non fa mai male, sono pure gay-friendly.

C’è una pizzeria a Santa Monica (DagWoods) che sta facendo la sua fortuna grazie a una pizza che si chiama “Magical AF”. Formaggio glitterato, in sostanza, che ha portato in molti a ribattezzarla “unicorn pizza” o “vomito di unicorno” (che però non fa venire tanta voglia di mangiarla). Certo, in questi anni gli unicorni hanno dovuto sgomitare tra ananas e fenicotteri e molto probabilmente a breve dovranno lasciare spazio alle sirene una volta per tutte; intanto si godono questa ondata di fortuna.

Anche la catena di caffetterie Starbucks non si è lasciata sfuggire il trend, annunciando il lancio di un coloratissimo frappuccino. The End, coffee-shop di Brooklyn (e di dove, sennò?) non l’ha presa bene, denunciando l’azienda per aver copiato il suo unicorn latte. Gli unicorni e i loro colori così pop riportano i nostalgici direttamente agli anni Ottanta di “My Little Pony“, che fece esplodere una vera e propria mania. La storia si ripete, dicono. Le mode tornano, forse anche con più prepotenza nelle rivisitazioni. Unghie, capelli, accessori arcobaleno e perfino negozi di corni fatti a mano (a Williamsburg – e dove, sennò?) anche per gli animali, per chiunque voglia sentirsi un unicorno, anche solo per un momento. Facendo un giro su Amazon trovate perfino la carne di unicorno ma tranquilli, si tratta solo di un feticcio per veri appassionati. Gli unicorni, dopotutto, sono la risposta perfetta al grigiume della routine e alle brutte notizie che ci circondano. Queste creature ci trasportano in un mondo fatato, sbrilluccicante, dove nulla di male può accadere tra fiori, colori, pace e amore. Una Woodstock degli unicorni, insomma. Che fa fruttare milioni di dollari a molte aziende.

Le origini del mito

“Uni-unicorno ti accarezzerei se tu esistessi… e io ce l’ho!” canta felice la piccola Agnes di “Cattivissimo me“, che alla vista di un unicorno impazzisce. Questa creatura è sempre stata una figura positiva anche dal punto di vista simbolico, spesso associata a saggezza e purezza. Basti pensare che per la religione cristiana un unicorno poteva essere avvicinato e ammansito solo da una vergine. Sempre cercato, mai trovato: la mitologia e le leggende si sono mescolate nel corso del tempo, contribuendo ad accrescere il fascino dell’unicorno. Un mercato molto propizio, nel Medioevo, era quello dei corni di narvalo. Venivano spacciati come la parte preziosa dei misteriosi unicorni ed erano considerati preziosissimi poiché si pensava che avessero il potere di neutralizzare i veleni. Il florido commercio era tenuto in piedi da viaggiatori avventurosi che si spingevano fino all’Artico, in Europa contribuirono a importarli anche i Vichinghi. Tutto merito della superstizione: il narvalo altro non è che un cetaceo e il famoso corno è il suo dente esterno, sporgente, dal quale potrebbe aver preso il via, almeno in parte, questo famoso mito.

L’unicorno ha destato sempre molta curiosità ed è sempre stato circondato da un alone di mistero. È stato inserito perfino in alcuni antichi bestiari (dove non tutte le creature rappresentate erano reali) ma è possibile che all’epoca fosse stato confuso con altri animali, poi estinti. L’opzione più gettonata riguarda una specie primitiva di rinoceronte. Nell’aspetto, tuttavia, la descrizione dell’unicorno che ci è stata tramandata è quella di un cavallo bianco con un corno in mezzo alla fronte, che nulla ha a che vedere con rinoceronti e simili.

A Herzberg am Harz, nella Germania centrale, esiste la grotta dell’unicorno. È conosciuta fin dall’età della pietra ma è rimasta dimenticata per molti secoli. La leggenda narra che da quelle parti vivesse un’anziana signora che godeva della protezione di un magico unicorno. La donna viveva presso la chiesa nella roccia di Scharzfeld – molto vicina all’area della caverna – ma un giorno fu cacciata via da un monaco accompagnato da guerrieri franchi. L’anziana signora decise di unirsi a un gruppo di streghe sul monte Brocken, la vetta più alta delle montagne dell’Harz. Proprio in quella zona si trova la Hexentanzplatz, letteralmente traducibile come “pista da ballo delle streghe”. Dopo l’accaduto, il monaco svanì magicamente in un buco nel terreno, lo stesso che condusse alla scoperta della caverna dell’unicorno. Proprio lì nel diciassettesimo secolo il sindaco di Magdeburg, Otto von Guericke, disse di aver trovato dei resti di unicorno. Lui stesso si impegnò a ricostruirne lo scheletro, la notizia suscitò molto clamore. Analisi successive riportarono che in realtà le ossa appartenevano a 70 specie diverse di animali che erano passate in quell’area, molte delle quali si erano estinte, come i mammut.

Per chi vuole credere all’esistenza degli unicorni, c’è la soluzione dell’Invisibile Unicorno Rosa. È una lei, ed è il frutto di una religione parodistica simile al pastafarianesimo. Il dogma da seguire ovviamente si divide tra logica e fede, secondo questa religione satirica non è possibile provare l’esistenza dell’Invisibile Unicorno Rosa, ma non è possibile nemmeno provarne l’inesistenza. La scelta di crederci o meno dipende puramente dalla fede, come per qualsiasi altra religione. Con la differenza che questa, in realtà, è uno sberleffo verso chi si affida ciecamente a delle divinità. Appassionata di uva passa, l’Invisibile Unicorno Rosa ha scacciato dai suoi magici pascoli la sua acerrima nemica, l’Ostrica Viola. Questa un tempo era una sua serva ma poi ha osato compiere un atto grave, gravissimo: ha detto ai suoi seguaci che l’Unicorno preferisce la pizza con salame e funghi rispetto all’hawaiiana. Di fronte a tale abominio (almeno da un patriottico e italianissimo punto di vista), non resta che fare il tifo per l’Ostrica.

Foto di Federica Di Giovanni