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Quando il cibo incontra l’arte pubblica

Postato il 16 Dicembre 2014 da Elide Messineo
Ci sono posti destinati all’arte e c’è l’arte destinata ai posti: da diverso tempo ormai fare arte non significa esporre in un atelier, in un museo o in una galleria, ogni posto può essere quello dell’arte e quando questa esplora spazi diversi da quelli “classici” diventa pubblica.
Un bene, un piacere, di cui tutti possono usufruire, in cui l’artista è al servizio di un pubblico vasto, di target tutti diversi tra loro e ognuno la interpreta come sa. Daniel Buren fin dagli anni Ottanta si è dedicato a questa forma di esposizione, sono sue le Luci d’artista che hanno invaso Torino nel 2008 con il Tappeto Volante.

Ormai è chiaro che il cibo è presente in ogni area della nostra esistenza e l’arte è un campo che non è passato inosservato, anzi, il cibo è per essa una grande fonte di ispirazione. La pop art ne ha fatto largo uso, ponendosi all’apice di quella che appare una contraddizione tanto evidente quanto affascinante: la protesta contro il consumismo di massa in opere prodotte in serie e che spesso ritraggono oggetti consumati su larga scala. Il cibo è rappresentato da Andy Warhol nella celeberrima lattina di zuppa Campbell e in maniera ancor più d’impatto da Claes Oldenburg, che ha portato in giro per il mondo enormi sculture, tra cui un cucchiaino con una ciliegia sopra, un cono gelato, una mela mangiata. E se il consumismo è l’oggetto della critica, è anche il motivo per cui questo tipo di arte riscuote tanto successo e per cui esistono dei luoghi tipicamente non adibiti ad esposizioni e derivati, ma che si prestano a questo gioco. Si abbattono i confini, l’arte li oltrepassa e li contamina nei modi più disparati.

Uno dei punti di riferimento più importanti in questo ambito è il Chelsea Market di New York, dove ampi spazi vengono dedicati interamente al cibo e al contempo all’arte in diverse forme, dalla musica alla fotografia. E non è più una novità ritrovarsi all’interno di una libreria in cui lo svago e la cultura sono a ridosso di tavolini ai quali si può comodamente chiacchierare, leggere o scrivere sorseggiando un caffè caldo o mangiando un muffin.

Il Mercato Centrale di Firenze è un luogo dedicato al cibo che apprezza l’incontro diretto con l’arte: nato nel 1874, in occasione della Fiera dell’Agricoltura, è ispirato alle grandi Halles parigine. Anche in questo caso mercato, luogo d’incontro e di scambio, ma anche architettura, e quindi arte. Ed in entrambi i casi, a fare da sfondo ci sono due delle città più belle d’Europa e del mondo: Firenze e Parigi. A proposito di quest’ultima, impossibile non menzionare il Grand Palais. Nato all’inizio del secolo scorso in occasione dell’Esposizione Universale, è diventato ormai un vero e proprio monumento, in via ufficiale a partire dal 2000.

Uno dei posti che più di tutti rappresenta il connubio arte-cibo è il Markthal di Rotterdam, opera di nuovissima generazione (ha aperto i battenti lo scorso ottobre). Non solo si è circondati dal cibo ma da un’opera architettonica che la CNN ha piazzato nelle top ten delle costruzioni da non perdere di vista nel 2014. L’architetto Winy Maas ha creato un edificio in cui il cibo, l’architettura e l’arte si intrecciano in maniera indissolubile, dov’è possibile fare una passeggiata spensierata, incontrare decine di sapori diversi, attraversando un arco imponente che è un’opera a sé stante. Creato da Arno Coenen e Iris Roskam, raffigura i prodotti in vendita all’interno del mercato ma l’impatto con tutti i colori è davvero spettacolare. Insomma, non ci sono confini quando si tratta di dare vita alla creatività e arte e cibo sono talmente legati da essere anche l’argomento principale dell’Expo 2015 che si terrà a Milano.

Perché i limiti esistono solo laddove siamo noi stessi a porli.