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Raffaele D’Errico: se il pane non è semplice pane

Postato il 9 Luglio 2019 da Elide Messineo
Mercato Centrale Torino | Raffaele D'Errico
Raffaele D’Errico ama il suo lavoro ed ama sfornare un pane che non sia solo buono ma anche bello. Checché se ne dica, anche l’occhio vuole la sua parte e, osservando il banco della bottega del pane a Torino, questo è subito accontentato. Il lavoro di Raffaele, oltre che su una lunga preparazione professionale, si fonda sulla ricerca degli ingredienti migliori. I prodotti in bottega valorizzano l’Italia in lungo e in largo e non sono mai scelti casualmente. Lo stesso, ovviamente, vale per le farine, perché bisogna sempre sapere “come vengono fatte, da dove arrivano, il lavoro che c’è dietro”. Tutto, anche un semplice grissino, richiede conoscenza e lavoro per la preparazione: “Prima di arrivare a sfornare il pane” racconta Raffaele, “sono necessari tre giorni di lavorazione. Il primo giorno si prepara il lievito madre, il secondo faccio l’autolisi, l’impasto e il pane prende forma. Il terzo giorno entra in cella, dove rimane per un’intera notte, per poi essere infornato”. Bisogna sempre farsi delle domande quando si è davanti a un prodotto: da dove arriva? Com’è stato fatto? Quanto lavoro c’è dietro? Perché costa poco o costa troppo? Ci sono, poi, i diversi tipi di farina, che possono avere prezzi diversi e richiedono diversi tipi di lavorazione. Questo vale in particolare per quella di segale, che richiede una lavorazione specifica, oltre che una cella apposita.


Torino e i sogni che si sono avverati

Di origini laziali, Raffaele D’Errico si è trasferito da pochi mesi a Torino, che considera già la città più bella del mondo. “Vengo da Latina, Roma, Firenze, Angers, Parigi, non mi fermo da otto anni. Torino funziona benissimo, è pulita e organizzata, i mezzi funzionano molto bene e mi posso muovere facilmente a piedi. È una città tranquilla e serena, dove ho incontrato persone cordiali. L’unico difetto che ha è che non c’è il mare, anche se non è troppo lontano. Ecco, il mare mi manca terribilmente”.

Al momento tutte le giornate di Raffaele D’Errico sono incentrate sul lavoro, sempre affiancato dalla fidanzata Maria Antonietta. “Non appena avremo un giorno libero andremo sicuramente al mare, magari all’Argentario. Poi scopriremo la città, il Piemonte, ci sono molti posti che vorrei vedere. Tra le altre cose, noi siamo grandi amanti delle terme”.

È il momento di pescare i bigliettini con le suggestioni e il primo è: un profumo. Raffaele D’Errico non pensa a quello del pane appena sfornato ma a “Roma” di Laura Biagiotti, che si porta sempre dietro. “Non riesco proprio a stare senza, è il profumo più buono del mondo! Maria Antonietta si sarà innamorata proprio per questo, mi sentiva arrivare da lontano! La cosa che amo di più è andare in una spa e poi uscire e sapere di “Roma”. L’olfatto è meraviglioso perché, come la musica, se chiudi gli occhi ti riporta a ricordi ed emozioni”.

Se c’è un ricordo legato a un profumo, per Raffaele D’Errico è sicuramente legato al cibo e a casa. “Me ne vengono in mente molti, ma soprattutto le domeniche d’autunno a casa con mamma e papà, che mi manca tantissimo. Mi viene in mente il profumo dei chiacchetegli, una varietà di broccolo dal colore viola, che cresce nella valle dell’Amaseno, nel Lazio, tra Latina e Frosinone. Oggi è un presidio Slow Food, a me viene in mente il profumo del soffritto la domenica mattina, con i chiacchetegli accompagnati da tanto pane fresco e buon olio. Penso, però, anche all’odore del peperoncino cotto nel forno a legna, sempre a casa. È così buono che solo al pensiero mi viene voglia di mangiare!”. Una chiacchierata con Raffaele, insomma, equivale a fare un viaggio in giro per l’Italia, alla scoperta di specialità regionali e sapori autentici.

Il secondo bigliettino parla di sogni che si sono avverati, proprio come per Raffaele D’Errico si è avverato quello di aprire una bottega tutta sua. “Ho aspettato per 14 anni e grazie a Umberto (Montano, nda) ci sono riuscito. È difficilissimo ma, se così non fosse, non sarebbe soddisfacente, non ci sarebbe gusto. La sera torno a casa stanchissimo ma estremamente felice”. Ultimo bigliettino: un frutto. Raffaele conosce bene il territorio – soprattutto il suo – e i mille prodotti che ha da offrire. La prima cosa che gli viene in mente è la “favetta” di Terracina, che “è una fragola piccolissima e così dolce che sembra zucchero”. E poi, tanto per rimanere in zona, il cocomero, “anche se non esiste più buono come quello di una volta”.

Ripensando al suo percorso fino ad ora, Raffaele si rende conto di essere sempre riuscito a raggiungere gli obiettivi che si è prefissato. Il prossimo è una sfida in loco con il Ristorante La Farmacia del Cambio: i loro croissant sono buonissimi, lui vuole farli ancora più buoni. “Non so come andrà ma in ogni caso andrà bene: al Mercato Centrale Torino si troveranno il primo e il secondo croissant più buono del mondo!”.


Foto di Federica Di Giovanni