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Dante, peccati di gola e cibo per l’anima

Postato il 22 Maggio 2015 da Elide Messineo
Se guardassimo il tutto da una prospettiva dantesca, il Mercato Centrale sarebbe una grande trappola che porta dritti dritti all’inferno, nel girone dei golosi.Si discute da secoli di Dante Alighieri e della sua Divina Commedia, ma quel che è certo è che il Sommo Poeta non aveva un buonissimo rapporto con il cibo e lo usava nella maggior parte dei casi come metafora, per parlare di argomenti più alti. Nel Convivio, per esempio, si mangia “il pane degli angeli“, dove il pane simboleggia la prosa e il Convivio che dà il titolo all’opera non è un comune banchetto, ma una mensa della scienza. Il pane, alimento principale della cucina dell’epoca, è concesso solo a pochi eletti, mentre tutti gli altri devono accontentarsi di erba e ghiande.

Dante, peccati di gola e cibo per l'anima

Nella cucina medievale non c’erano a disposizione tutte le pietanze che conosciamo oggi né tutti i mezzi per poterle conservare. Allora si usavano alcune tecniche come l’essiccazione, l’affumicatura o la fermentazione e poi si faceva un ampio uso di sale, spezie, aceto e limone, tutti ingredienti che aiutavano a conservare il cibo per più tempo. La varietà di alimenti tuttavia era ridotta (ancora non si conoscevano patate e pomodori, per esempio) e, vista la forte impostazione gerarchica della società, erano i ricchi a potersi permettere i pasti più variegati, i più fortunati riuscivano a conoscere anche gli alimenti provenienti dall’estero ma per la maggior parte l’alimentazione si basava sulla presenza di cereali, farine, formaggifrutta e verdura. La carne era un’altra concessione per i più abbienti, ma nell’epoca in cui la Chiesa dominava incontrastata, c’era anche una certa attenzione al consumo delle carni, vietato o limitato a seconda dei periodi. Nel 1300 hanno fatto la loro comparsa anche i primi libri di ricette, si è accresciuta l’attenzione verso le buone maniere a tavola e nella Firenze logorata dalla guerra tra Guelfi e Ghibellini tutta la ricchezza veniva investita nelle armi. Fu in quel periodo che comparvero ricette come quella della ribollita o della fettunta e il castagnaccio, piatti apprezzatissimi ancora oggi.

Dante, peccati di gola e cibo per l'anima

Sulla vita di Dante non ci sono informazioni precise e dettagliate e per questo nel corso del tempo il personaggio è diventato sempre più affascinante. Il padre della lingua italiana non usava legare i concetti di fame e cibo solamente al mondo terreno, la fame eccessiva che portava al peccato di gola era considerata un eccesso dell’impulso del nutrimento. Nel Paradiso il concetto di cibo infatti è completamente dissociato dalla sfera terrena, perché lì la fame è qualcosa di inconcepibile, di inesistente. Dal punto di vista dei golosi, quindi, l’inferno non è poi così male.

Dante, peccati di gola e cibo per l'anima